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FRA LE ALPI IN CALIFORNIA

Giugno 2018

Solitamente il mese di giugno a Milano è accompagnato da una fastidiosa cappa di afa. La voglia di evadere presso incontaminati paesaggi montani, marittimi o lacustri é sempre più pervasiva, almeno per chi può concedersi un giorno infrasettimanale. L’occasione ci si presenta inaspettatamente un martedì. Ad attenderci una fiammante Ferrari California del 2009 in livrea nera tristrato ed interni grigi. Era da circa un mese e mezzo che la possente roadster restava ferma in un asettico garage per via di un meteo non troppo clemente. Ci ripromettevamo continuamente di prenderci la tanto agognata evasione, tuttavia non trovando mai la coincidenza fra lavoro e sprazzi di sole. Cascasse il mondo, martedì la prendiamo e facciamo una bella puntata sulle Alpi svizzere,”… E martedì cinque il destino ha voluto riservarci una bella giornata di sole; se non a noi quantomeno alla vettura, donandole la possibilità di sgranchirsi un po’ dopo il letargo. In garage, stacchiamo il generatore dalla batteria e mettiamo in moto. Subito i nostri timpani hanno riacquistato la sensibilità necessaria per apprezzare il sound del poderoso V8, amplificato oltremodo da uno scarico semiartigianale totalmente libero e in acciaio inox. Prima, seconda, terza e via, alle sette e mezza del mattino partiamo in direzione Tirano. L’auto è comoda, molto comoda e forse anche versatile. Non è la classica Berlinetta tutta vibrazione, calore e assetto che rasenta il go-kart (purtroppo). Ad andatura normale, con l’opzione “Confort” selezionata tramite il manettino rosso posto sul volante, la strada sembra molto filtrata e l’abitacolo è pervaso solo da un continuo borbottio dovuto solamente allo scarico; per il resto sembra la guida di una Porsche. Uscire dalla City non la fa soffrire particolarmente, ma noi sappiamo: sappiamo che oltre il piacere di guida morbido - che comunque rimane quello di una Ferrari - esistono altre soglie da esplorare, ma con molta cautela. Giunti al bivio fatale che suddivide d’ora in avanti la strada in due passi montani, decidiamo di scapottare e montare le varie Go-Pro, parcheggiati in un apposito spiazzo a lato della strada in minuscola ghiaia grigionera. Approfittiamo della sosta anche per qualche scatto fotografico, visto che il paesaggio già si presta: poche case tipiche, molto verde, ed ai lati quelle alte pareti rocciose che invitano a cavalcarne i tornanti. L’abitacolo nonostante il sole caldo si riempie di una gradevole brezza e, prima di selezionare il cambio a Paddle, mettiamo debitamente il manettino in “sport” e diamo finalmente un affondo di pedale verso il Passo dello Stelvio. Subito la musica cambia. Non solo veniamo catapultati violentemente contro i sedili, ma ad ogni cambiata una tremenda sollecitazione mette alla prova la nostra cervicale. Lo scarico tuona, ed a ogni rilascio percepiamo dietro un doppio scoppiettio, come se ci fossero delle castagne sul fuoco. 

Sensibilmente si percepisce l’esigenza della vettura a sottosterzare se non si è avari col gas, ma ad ogni curva il cruscotto si illumina di spie multicolore che ne segnalano l’influenza dell’elettronica. Assetto e sterzo molto più rigido, reazioni molto più celeri, non lasciamo una benchè minima possibilità a nessuno di intralciarci la marcia. Anzi, il bello è che a coda di una vettura, ad ogni nostra scalata, o essa si sposta, o basta un’accelerata decisa non appena questa ci lascia un minimo spazio per non percepirla nemmeno a fianco del nostro campo visivo: è subito dietro senza che ce ne accorgiamo. Arrivano i tornanti. Arriva il divertimento. Le altre vetture in salita muoiono, noi veniamo catapultati come fionde verso la cruna. Forse solo i motociclisti raccolgono una qualche sfida, e solo loro viaggiano al nostro passo, anche se dopo qualche chilometro preferiscono vederci da dietro. Lo scarico si scalda ulteriormente, scoppiettando a ogni cambiata e persino il motore sembra essersi dato una bella stiracchiata. Le marce (prima e seconda, a volte la terza) ci portano ad accodarci ad una bella Alfa Romeo 4C. Mentre i piloti sono impegnati alla guida, i passeggeri si sporgono dal finestrino per quanto possono, cercando di scattare foto. Arrivato il rettilineo avviene il sorpasso, con relativi sorrisi e saluti. Fra un tornante e l’altro la nostra cabrio ci sottopone a tremende forze centrifughe, quando in uno spiazzo appena più avanti dell’ultima U non decidiamo di fermarci al fine di riposarci un minimo.  Lo spettacolo è incantevole: il Passo dello Stelvio ai nostri piedi, e neve ghiacciata dappertutto: a giugno inoltrato abbiamo toccato la neve! Una sola cosa desta la nostra ammirazione al paesaggio: un forte odore di metallo bruciato. Freni e frizione richiedevano entrambe il loro dovuto refrigerio, per questo per una buona mezz’ora, gli avventori del Passo, incuriositi, si fermavano a guardare una California nera con cofano aperto, emanante un forte odore di ferrina. Mi accingo a scattare altre foto posizionandomi all’esterno del tornante, e clicco tutte le auto fino ad allora sorpassate, comprese una Mustang, due Lotus super Seven e la scattante Alfa 4C rossa. Chiudiamo il cofano motore e partiamo nuovamente percorrendo il senso inverso: solo in quel momento realizziamo che ci siamo spinti ben oltre il confine dell’Alto Adige.

La nostra ricerca di spiazzi in cui posizionare la vettura è spasmodica. Fra baite, pareti rocciose, cascate e strapiombi riempiamo gran parte della memoria dei nostri smartphone, ed il soggetto sempre lei. Fa nulla di quanto fossero incantevoli quei posti, il “soggetto oggetto” in primo piano rimaneva sempre lei. La nostra California, ricoperta ora di uno spesso strato di polvere dovuto all’eccessiva percorrenza. In discesa ovvio andiamo molto morigerati, non tanto per timore, ma non vi sarebbe stato alcun gusto. Diciamo che ci siamo concessi anche noi il paesaggio, con un sottofondo radiofonico di musiche anni ‘80. Sembravamo usciti dal film dei Vanzina “Vacanze di Natale”, soprattutto nella sfida con altre blasonate vetture. Sotto di noi osserviamo la strada dopo la curva sinistra poco più avanti. Regalava uno spiazzo sul quale era posizionata un’altra auto rossa, la quale una volta raggiunta dopo aver percorso lo stretto tornante, ci rendiamo conto essere una nuovissima Ferrari 488. Guardandoci compiaciuti negli occhi abbiamo constatato l’opportunità di un’ottimo scatto, pertanto volete che non glie l’abbiamo posizionata muso a muso? Simultaneamente dalle panche in legno adibite ad area Pic-nic si alzano due teneri vecchietti, i quali cominciano ad effettuare scatti alla California; e noi alla 488. Facciamo immediatamente conoscenza con loro, e scopriamo che la fiammante rossa era del marito di lei: un arzillo settantaseienne che come regalo si è concesso la sua prima Ferrari! Ci guardiamo nuovamente negli occhi stupefatti con un motto d’ammirazione. L’area si prestava per rifocillarci, pertanto decidiamo di ristorarci li, insieme a loro. Contrariamente a quanto si possa pensare tiriamo fuori dagli zaini dei panini ben farciti e delle Coca Cola: altro che ristoranti blasonati o rifugi abbinati allo status delle auto! Quando poco dopo i vecchietti decisero di riprendere il loro tragitto, dalla 488 in piena accelerazione udiamo il sonoro “Have a nice day” di lui. Incredibile quanto ancora ci si possa sentire giovani a settantasei anni. Riprendiamo la marcia fra paesaggi mozzafiato e mega tornanti, sempre con andatura calma fino ad arrivare a Livigno. La dogana, praticamente vuota. Nemmeno ci hanno guardato in faccia. Prima del lago di Livigno, la strada si concentra in un lunghissimo rettilineo, e scalando di marcia allunghiamo fino ad arrivare ad una velocità criminale. Eppure sembra una macchina così parca, con i suoi due posti posteriori e la sua relativa comodità. Non ci si immagina quanto possa essere cattiva se provocata. Altri scatti e le diamo da bere. Siamo in territorio franco, non si paga l’IVA, facciamole immediatamente il pieno! Un’attesa interminabile, terminata la quale ripartiamo. Il sole fa capolino, nasi e teste incominciano a bruciare, ma di chiudere il tetto nemmeno a parlarne: preferiamo soffrire in silenzio. Tanto cosa mai sarà un po’ di sole (fatidico errore).  Dopo circa due chilometri vediamo un posto di blocco della Guardia di Finanza. Immaginate com’è andata? Paletta e fermi per un controllo fiscale. Altra attesa interminabile, allietata però dalla inaspettata gentilezza dei finanzieri. Tutto a posto, possiamo ripartire “e mi raccomando non correte!” Ci avverte uno dei due. Ma eravamo già lontani: avrebbero capito pensiamo noi.

Ora però ricomincia la salita, ergo ricominciamo a pestare l’acceleratore come forsennati, e l’auto come prevedibile, reagisce pronta, arrabbiata, urlando toni alternati fra il baritonale ed il sopranico. A Diavolezza altri scatti, ma da li in poi decidiamo definitivamente di andare calmi. Un rapido tour per Sankt Moritz, salutare qualche amico e bere una birra, poi ripartiamo in direzione milano. Viviamo gli sprazzi incantati del lago turchese alla nostra sinistra, l’aria pungente, i profumi della natura e tutto il verde delle distese sulle montagne svizzere, ma nonostante ciò cominciamo davvero ad essere stanchi. Forza, dopo Chiavenna sarà tutto più veloce. Detto - fatto. Dopo la fortuna di trovare una dogana anch’essa clemente, ci ritroviamo fra una battuta e l’altra all’altezza di Colico, quando dallo specchietto vediamo qualcosa avvicinarsi a velocità supersonica e posizionarsi attaccato alla nostra coda. Quel qualcosa scoppiettava forse più della nostra Ferrari, ma cos’era? Ci facciamo sorpassare e vediamo chi per una volta ci sta sfidando. A noi su un otto cilindri! Il mistero si svela quando una volta di fianco notiamo una Lamborghini Huracan grigio scuro, nuova di pacca. Addio riposo ed addio relax. Le marce continuano a scalare ed il nostro manettino questa volta va in “CST” per la prima volta. Da Colico a Lecco fiondati come banditi dopo una rapina. Ci mancava solo Maurizio Merli a completare l’opera. Attenzione a Mandello del Lario: autovelox, una brusca frenata, e dopo il quale di nuovo accelerazione piena. I rapporti è vero che cambiano, ma l’erogazione della velocità grazie alla doppia frizione rimane costantemente progressiva ed in perenne accelerazione. Allo svincolo d’uscita per Lecco, la Lambo ci aspetta, ed il proprietario ci saluta mettendo la mano fuori dal finestrino. Resoconto, la Huracan ce le ha date, di poco, ma non siamo mai riusciti a prenderla: qualche cavallo e due cilindri in più hanno ragionevolmente apportato una differenza sostanziale. Riteniamo non sia il caso abbozzare a quanto stavamo andavano durante l’inseguimento, facciamo solo presente che a tetto aperto, in sesta marcia eravamo a fondo e con la spia accesa intimante di innestare il rapporto successivo e ultimo: la settima. Infine il ritorno da Lecco a Milano è stato tranquillo al punto da farci scendere tutta l’adrenalina accumulata in giornata. Eravamo davvero cotti, accaldati, e visibilmente stralunati. Considerando poi che il giorno successivo ci saremmo dovuti recare a lavoro, scoppiammo in una sonora risata. Non ce l’avremmo mai fatta se non ci fossimo riposati immediatamente. Rapidi saluti e senza convenevoli, ognuno si è recato dopo aver posato la California, alle rispettive abitazioni. Ci siamo sentiti per telefono la sera dopo per condividere emozioni e scatti di tutta la giornata; quello che stupisce non è stata tanto la sfiancata, il sole rintronante e la stanchezza, quanto la voglia e forse la necessità di voler riprovare l’esperienza quanto prima, anche il giorno seguente fosse solo stato possibile. Seicento KM (600!) macinati in costante adrenalina ed aver constatato con grande stupore che la “Cali” è un’auto inaspettatamente confortevole nonostante le prestazioni da supersportiva; e che tutti quei KM macinati a chiodo,  bordo di una Berlinetta avrebbero sicuramente sortito un effetto ben più devastante.

 

                                                                                                          Mauro Modena