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I Rossi vezzi del Commendatore

Storia e curiosità Peter Kalikow, uomo dell'alto collezionismo automobilistico. Premiato commendatore per la sua passione per le Ferrari.

Un uomo d’altri tempi che gioca a fare lo snob, ma che snob non è. Lo si immagini in una grande metropoli, fra fumi di scarico e clacson di imponenti auto americane, passeggiare il mattino presto dopo una sontuosa colazione. Oppure all’uscita di un hotel esclusivo, un po’ trafelato ma impeccabile, intento a salire sul sedile posteriore di una Lincoln nera, la cui portiera è stata appena aperta da un solerte uscere. Oppure ancora, ad aggirarsi fra auto esclusive al parcheggio del Golf club, ammirandone le linee e ricordare quando anche lui aveva cominciato la sua carriera da collezionista, per poi passare a ben più alte sfere. Sfere di quella nicchia di mercato che determina l’andamento di ben altri mercati, quello dei “semplici ricchi appassionati”.  

Ma ancor più, lo si veda a qualche concorso d’eleganza, magari a Villa d’Este, quello più consono alla sua magistrale statura sociale, seduto su una sdraio rossiccia mentre con occhiali da sole e panama bianco legge il New York Time accanto alla sua Ferrari del momento. Assente solo in apparenza, ma pronto a bacchettare con elegante dovizia chiunque, come spesso accade, appiccichi le sue mani alla carrozzeria per un’istantanea, o piu’ semplicemente per scorgere gli interni a lui personalizzati in esclusiva dalla casa produttrice. Magari infilandone dentro l’abitacolo la testa sudaticcia. Lui, il Mister “one off”, come verrebbe soprannominato da molti. Oppure “Don’t touch” – non toccare – da altri. Appellativo di tutti coloro i quali, anche solo nell'inalare gli aromi dell’abitacolo delle sue vetture di serie Alpha, lascivi trasgrediscono in peccaminosi pensieri fatti di storia, restauri onerosissimi, di gare e passione, appoggiandosi impunemente alla carrozzeria. Un dandy vecchio stile ma aggiornato, comunque pronto ad illustrare a chiunque glielo domandi, a qualunque ceto egli appartenga, le mirabolanti vicende della sua collezione leggendaria che per ovvi motivi, è composta anche da numerose Ferrari. Entusiasta nei ricordi e signorile nei modi, offrendoti una spremuta d’arancia è come un fiume in piena: nostalgie e aneddoti di motori, dei suoi amori a dodici cilindri, non solo del discusso abbinamento cromatico dei suoi calzini in netto contrasto con tutto il resto dell’abbigliamento.

Si sta parlando di Peter S. Kalikow. Uomo eclettico come la sua smisurata passione al limite dell’accanimento, riguardo le vetture più inarrivabili al mondo. Di origine russo-ebraica, Kalikow diveniva presidente della “Immobiliare H.J. Kalikow & co LLC, società immobiliare fondata dal nonno nel ’27. Dopo estenuanti studi all’università di Hofstra si laureò in scienze dell’economia, e da li la sua ascesa verso il successo, sebbene con qualche nota buia. Nel 1967 iniziò a lavorare come agente immobiliare, ed in meno di dieci anni divenne presidente dell’azienda di famiglia. Dopo la morte di suo padre, Peter ereditò tutto l’impero e gli interessi della dinastia.  Nel 1988 Kalikow acquistò da Rupert Murdoch il New York Post, il celebre tabloid americano per una cifra oltre i 37 milioni di dollari, ma a causa di una speculazione mal riuscita da parte dei suoi predecessori, Peter fu costretto a dichiarare fallimento. A delinearne però il suo tenace carattere, lo confermò la risposta che diede ad alcuni giornalisti sul perchè avesse acquistato il giornale più antico d‘America: “Perchè non volevo si leggesse solo sulla mia pietra tombale che ho costruito un sacco di case nel Queens . Volevo di più.” 

Successivamente, una volta ripresosi dal fallimento, un faccendiere dalle dubbie dicerie assunse il controllo del tabloid, finchè non lo rivendette di nuovo a Rupert Murdoch dopo svariate manovre e operazioni finanziarie. Per un anno Kalikow fu membro del consiglio dell’MTA, l’azienda di trasporto pubblico newyorkese; e nel ’95 divenne membro anche dell’Autorità portuale di New York e del New jersey, rimanendovi fino al 2007. Per la sua partecipazione come membro del consiglio dell’MTA, Peter non si sa per quale ragione non percepì mai lo stipendio. Nondimeno i giornali dell’epoca lo intitolavano ”underground man” - l’uomo dei trasporti metropolitani.

Nel maggio del 2000 la sua società con sede in Park Avenue, controllava direttamente dieci edifici di un blocco di 70 e, in vetta ad una montagna di soldi, come ogni buon filantropo che si rispetti, donava all’università in cui studiò, il “Centro studi per la presidenza americana”. Insomma a differenza di Paperon de Paperoni, il quale era un single incallito, Peter è felicemente sposato con Maria Typaldos Jacobatos, la quale gli ha donato due eredi: Nicholas Alexander e Kathryn Harold ma non è noto se questi abbiano ereditato o meno la sua passione per le auto. A proposito di automobili che poi è l’oggetto in questione, passato in secondo piano solo per dar luce a Kalikow come un uomo granitico che, partito dal gradino più basso (nonostante avesse sempre avuto la possibilità di essere in vetta), è divenuto insieme a pochissimi eletti un tycoon del collezionismo automobilistico. Peter ha una passione smodata per la Ferrari. Di vetture del cavallino oggi ne possiede addirittura cinquanta, secondo sua ammissione.  Altri invece parlano di venticinque Rosse su sessanta veicoli. A volte si parla addirittura di centouno veicoli in totale. Nei suoi periodi di maggiore stress lavorativo – ha dichiarato ai reportrer – ama andare spesso nelle sue “Cantine” climatizzate a far compagnia ai suoi gioielli. Senz’altro non è uno di quegli appassionati a cui la vettura serve solo per bellezza, il nostro Peter utilizza regolarmente su strada le sue due Ferrari 250 GT California spyder LWB e l’altra SWB, blu con interni beige. Usa inoltre una 400 Superamerica Aereodinamica. In più possiede una 330 America, una “semplice” 400 Superamerica, nonché una replica di 250 GTO, basata su una 330 GT 2+2. Non contando poi una 500 Superfast con fari carenati, una 412 e svariati Cavallini dei nostri tempi: F50, 360 Spyder e una Ferrari 456. Forse per esibizionismo o forse per altro tutti i suoi veicoli utilizzano sulla targa la lettera K. Peter Kalikow, come ogni frequentatore di salotti bene, è un habitué del prestigiosissimo e nostrano Concorso d’eleganza Villa d’Este, sul lago di Como, dove presenta i suoi modelli anno per anno: nel 2005 lo abbiamo visto con la 250 GT California Spider SWB, nel 2006 (oltretutto aggiudicandosi il premio Best in show) con la 410 Superamerica del ’59 carrozzata Pininfarina, mentre nel 2007 – appositamente progettata per lui sempre da Pininfarina – è stato scorto e premiato nuovamente con un’elegantissima 612 K (K come Kalikow) in livrea Blu Pozzi, su base 612 Scaglietti. Ciliegina sulla torta, un forte vezzo ha voluto soddisfarselo nel 2011, ben quarantacinque anni dopo l’acquisto della sua prima Ferrari, con la Superamerica 45; un unico esemplare prodotto per lui da Maranello su base 599 GTB Fiorano, ma con tetto apribile rotativo come la 575 Superamerica. Il Mister che di se stesso ha costruito un’icona dell’alto collezionismo, forse anche esageratamente, in quanto per onor di cronaca, si è cimentato nel 1967 a progettare e realizzare un’auto tutta sua: la Mirage, un pezzo unico ma obiettivo mai andato in porto per via dei costi stellari. Ci si chieda se logicamente un cliente come lui non abbia mai avuto riconoscimenti in Italia, dato che con le sue folli spese ha contribuito a diffondere nel mondo il nome Ferrari; e la risposta è certo che si. Difatti nel 2008 è stato insignito Commendatore all’Ordine al merito della Repubblica Italiana per il suo ruolo di ambasciatore culturale.

Una giusta onoreficienza un cavalierato, non c’èche dire, visto che Peter è forse uno dei pochi in grado di possedere (e cavalcare) la vera essenza degli Stalloni neri di Maranello.

 

Mauro Modena