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Il giallo della Ferrari verde

Bred Howard accanto alla sua Dino 246 GTS

Ottobre 2013

Le Ferrari prodotte fin’ora, sebbene in quantitativo minore rispetto ad altre vetture, sono state parecchie e molte di loro sono state protagoniste di inconsuete vicende. Storie affascinanti e inverosimili, probabilmente originate dall’esclusività delle vetture o dalla eccentricità dei loro proprietari, sono balzate alle cronache negli ultimi anni. Quella che stiamo per raccontarvi però è senza dubbio la più incredibile. Il caso porta inevitabilmente alla mente l’episodio relativo a Sandra Ilene West, l’ereditiera texana che decise di essere sepolta alla guida della sua Ferrari 330 America. Ma se questo episodio, per via delle vicissitudini della donna evoca una certa amarezza, quella che leggerete fra poco rientra direttamente nel filone del giallo sconfinando addirittura nel grottesco. Siamo nel gennaio del 1978 sempre negli Stati Uniti, patria delle eccezionalità, precisamente nell’area di Athens a circa 20 km da Los Angeles dove una famiglia d’origini africane ha da poco acquistato una villetta in legno. Approfittando dei 24° del clima californiano i loro bambini giocano in cortile armati di paletta e secchiello divertendosi a scavare una buca quando improvvisamente la loro opera viene interrotta da un invulnerabile ostacolo. Prima estraggono dal sottosuolo un tappeto, poi si devono arrendere a qualcosa di irremovibile e ben saldo. Corrono subito ad avvertire i genitori, hanno trovato il tesoro! Inevitabile la telefonata alla polizia che invia immediatamente sul posto due investigatori e lo sceriffo con la squadra al completo dotata di escavatore. Lo stupore è sul volto di tutti quando all’avanzare degli scavi appare gradualmente davanti a loro una Ferrari Dino 246 GTS. La vettura è malconcia ma non in condizioni disastrose in quanto chi l’ha interrata ha avuto l’accortezza usare plastiche, lenzuoli e tappeti al fine di preservarla. Inoltre il clima sub tropicale ha contribuito alla discreta conservazione dell’auto avendo causato negli ultimi 4 anni solamente circa 120 giorni di pioggia. La Ferrari giunge in un deposito del LAPD dove con i dati alla mano iniziano le indagini mentre la stampa californiana, in primis il L.A. Time, divulga la bizzarra notizia in tutto lo stato. Telaio n.07862, colore Verde Medio Met. cod.106-G-29, cerchi opzionali Campagnolo, interno Daytona in pelle beige con inserti neri e targa (che presentava leggeri segni di bruciatura) California 832 LJQ. La vettura risultava inizialmente intestata a Rosendo Cruz, un idraulico di origini sudamericane residente ad Alahambra, sempre nei pressi di Los Angeles. Questa Dino 246 GTS uscì dagli stabilimenti di Maranello a fine estate del 1974 per raggiungere oltre oceano il concessionario di San Francisco Griswald Motors.

La Dino durante una mostra di Ferrari

Nel mese di ottobre dello stesso anno il sig. Cruz si recò nello shoowroom della celeberrima concessionaria ufficiale Ferrari Hollywood Sport Cars, che ha fornito i bolidi di Maranello a molti personaggi famosi dell’epoca fra cui citiamo, per fare un esempio, Steve Mc Queen e la sua splendida GT Lusso. Rosendo Cruz richiese una Ferrari Dino e la concessionaria trovò un’esemplare che esaudiva le sue richieste a San Francisco presso la Griswald Motors, così pochi giorni dopo il sig. Cruz staccò un assegno di 22'500,00 $ e ritirò la Dino verde ad Hollywood. Passione per le Rosse? Forse, ma la vettura non era per se, fu infatti la sorpresa di compleanno per sua moglie. La quale si pavoneggiò e si divertì con la prestigiosa vettura per 800 km lungo la West Coast fino al Pearl Harbor day, il 7 dicembre del 1974, dopo appena due mesi dal dono ricevuto. Quella sera Rosendo e consorte si recarono al Brown Derby, un locale di Los Angeles sulla Wilshire boulevard per festeggiare il loro anniversario ma a fine serata il loro rientro a casa fu inevitabilmente posticipato: la Dino era sparita! La polizia ebbe subito dei sospetti su Rosendo Cruz perché quella sera parcheggiò la Dino sulla strada e non nel parcheggio custodito del locale. Rosendo si giustificò dicendo che al momento di consegnare l’auto al giovane posteggiatore ebbe una sensazione poco rassicurante provocata dallo sguardo del ragazzo il quale sembrava eccessivamente attratto dalle eleganti e dinamiche linee della supercar italiana e temendo un suo colpo di testa decise di lasciarla accostata ai bordi della Wilshire boulevard. Sarà stato un sentore? Non si può sapere ma quella sera la Dino scomparve comunque. I sospetti degli agenti però andarono oltre in quanto secondo alcune fonti sembrava che Rosendo Cruz avesse reclutato, a fronte di un interessante compenso, due giovani ragazzi incaricandoli di distruggere, bruciare o inabissare nell’oceano la Ferrari al fine di riscuotere il premio assicurativo. Le indagini però non portarono la benché minima prova e dopo qualche mese Rosendo ricevette dall’assicurazione il risarcimento per l’intero importo speso, 22'500,00 $.

Il ritrovamento della Dino

Per quattro anni non si seppe più nulla, d’altra parte chi mai avrebbe potuto immaginare una Ferrari “seminata” in un giardino? Eppure la verità è andata ben oltre la più improbabile immaginazione. Quando nel gennaio del 1978 la Dino fu ritrovata ricoperta di terriccio le indagini ripresero, ma anche qui non portarono alcuna prova tangibile nonostante l’interessamento supplementare di stampa e curiosi per via del clamore suscitato. Inoltre nella notte del 7 dicembre del 74 la casa era disabitata ed in vendita e nessuno dei vicini notò qualcosa di sospetto. Nulla anche a riguardo il proprietario dell’immobile. Rosendo si rivelò assolutamente stupito dal ritrovamento ma non era più interessato alla Dino, il cui valore era sceso a 18'500,00 $ per un esemplare in perfetto stato, per cui la tribolata vettura fu consegnata direttamente alla compagnia di assicurazioni che quattro anni prima risarcì il sig. Cruz. Questa peripezia fu approfondita nel 1980 dal giornalista di Autoweek Greg Sharp e non si seppe più nulla a riguardo fino ai giorni nostri, quando lo stravagante ed autorevole sito web automobilistico statunitense Jalopnik, ricordatosi della vicenda, decide di scoprire quali avventure toccarono alla Dino dopo il ritrovamento e soprattutto se la vettura esiste ancora ed eventualmente dove abita e con chi. Con in mano un indirizzo impreciso e con un nome “quasi corretto” del detective che all’epoca seguì il caso un giornalista arriva ad Athens (L.A.) per mettersi sulle tracce di questa ormai famosa e sbalestrata Ferrari Dino 246 GTS. Raccolta qualche informazione qua e la riesce ad avere l’email del detective che all’epoca seguì il caso. Per il sospetto che il giornalista fosse in contatto con il primo proprietario inizialmente fu snobbato, ma dopo aver inquadrato la situazione il detective Dennis Carrol, ora pensionato settantaquattrenne si mise in contatto con il giornalista. Gli spiegò tutte le controversie del caso e affermò che all’epoca la polizia di Los Angeles fu asserragliata di telefonate in quanto molti volevano vedere o acquistare quell’auto che era ormai diventata il mito misterioso degli appassionati del Cavallino e non solo. Ma soprattutto Carroll fornì al giornalista un nome, Brad Howard, l’attuale proprietario che abita a pochi isolati. La Dino esiste ancora, e non ha fatto poi molta strada! Brad accoglie molto volentieri il giornalista e apre il suo box fronte strada: la Dino è davanti ai loro occhi in ottima forma, sembra nuova! Il sig. Howard racconta che la polizia consegnò la Dino verde alla Farmers Insurance Group, la compagnia di assicurazioni che risarcì per intero Rosendo Cruz nel 1974 la quale la mise subito in asta nel 1978 nelle stesse condizioni da cui fu estratta dal sottosuolo.

Articolo di giornale del L.A. Time - 1978

Se la aggiudicò Ara Manoogian, un imprenditore immobiliare. Pochi giorni dopo, per questioni di lavoro, Brad era nell’ufficio del sig. Manoogian e lo sentì mentre al telefono conversava con un meccanico per il ripristino della famosa Dino. Essendo un appassionato Ferrari, Brad non esitò ad avanzare la proposta di 9'000,00 $ per ritirare la “Rossa” verde. Avendola acquistata solamente per investimento, Ara Manoogian gli vendette la vettura. Immediatamente Brad ingaggiò quello che all’epoca era considerato il guru delle Ferrari della Costa Ovest, l’italiano Giuseppe Cappalonga che in pochi mesi ricondizionò completamente la Dino: nello stesso anno del ritrovamento la Ferrari era già come nuova! Tutta originale tranne la targa, che essendo stata radiata nel 1974 non era più valida. Con una buona dose di storica ironia Brad Howard commissionò una targa personalizzata con la dicitura DUG UP che in italiano suona letteralmente “scavato su”. Dal 1978 Brad non si è più separato dalla ormai (e finalmente) sua Ferrari Dino che è stata ed è tutt’ora la sua inseparabile compagna delle passeggiate domenicali sulle colline di Los Angeles e West Holliwood, la “regione dei vip”. Ovviamente partecipa anche a molteplici raduni di auto storiche e di Ferrari portando sempre con se tutti i documenti che ne ricostruiscono la travagliata storia. Inutile affermare che Brad Howard è molto orgoglioso ed affezionato alla sua prima ed unica Ferrari, di cui molto difficilmente se ne separerà. Un finale a lieto fine quindi. Ma i dubbi sul furto dell’auto continuano a permanere, e considerato lo sviluppo della vicenda difficilmente la verità verrà a galla. Noi, essendo inguaribili romantici ed appassionati, piace pensare che nel 74 Rosendo Cruz compì un vera e propria follia d’amore, non per la Ferrari ma per sua moglie, un gesto tanto passionale quanto incosciente. Ma quando l’amore prende il sopravvento sulla ragione c’è poco da fare, e così dopo essersi reso conto di aver fatto un passo esageratamente più lungo della propria gamba ha deciso, seppur in maniera poco ortodossa, di porre rimedio alla follia ingaggiando due ragazzotti per far sparire la Dino. Ma a questo punto, seguendo il nostro filo logico, inevitabilmente affiorano altri interrogativi. Perché i ragazzi non hanno distrutto la Ferrari ma l’hanno imboscata per bene cercando addirittura di salvaguardarla? Anche in questo frangente abbiamo un’altra passionale ipotesi. Totalmente inebriati dalle sinuose linee della Dino, dal sound e dalle performance che sapeva offrire, i due giovani non sono riusciti a farle del male e con un lampo di genio dell’ultimo secondo, all’insaputa del sig. Cruz, l’hanno occultata dove sapevano, con l’idea di poterla recuperare un giorno, magari per riuscire a coronare un loro sogno. Se così fosse però, ai due ragazzotti non è andata esattamente come speravano. Uno strano giallo questo, dove se analizziamo con attenzione lo svolgimento degli episodi predominano maggiormente due sole cose, l’amore e la passione, per le nostre Rosse e non solo. E la passione è a conti fatti l’unico fattore che ci motiva e ci aiuta ad affrontare la quotidianità. Sempre.

Flavio Paina